Dialogo Successivo

studio/omaggio per un
“dialogo successivo“
da materiali acustici di Luigi Nono
per elettronica e violoncello
di Andrea Liberovici

con
Francesco Dillon, cello

Dove: Festival Nono, Venezia
Durata: 8.58 primo frammento
Quando: 6 ottobre 2018 (prima)
Produzione: Festival Luigi Nono – Venezia

UMANISTA OPPURE SEI TECNICO ?

“Umanista oppure sei tecnico?“. Questa domanda di Luigi Nono, estrapolata da una delle tante interviste che Nuria e Serena mi hanno messo a disposizione per questo lavoro, e che ringrazio profondamente, è la chiave di questo primo studio per un “dialogo successivo“ di cui oggi presenteremo il primo frammento.

Intervenire dialetticamente con una memoria fissata, vuol dire mettersi in relazione con un tempo storico differente, in questo caso radicalmente differente vista la velocità con cui, apparentemente, si sta progredendo come società. In sintesi, oggi, la parola umanista sembra totalmente uscita di scena e l’indagine sull’uomo, materia storicamente trattata da artisti, filosofi ecc., rimane sempre al centro ma come indagine di mercato. La domanda che mi sono posto è: quali suoni posso portare con me, dal mio presente, in questo dialogo successivo? I due suoni che ho scelto sono: saturazione e respiro. Al centro, fra questi due opposti, i materiali acustici di Nono, le sue interviste e alcuni frammenti di violoncello “ri-lavorati“, trasformati al fine di attivare un dialogo con altri frammenti acustici di un altro violoncello proveniente dal mio archivio. Su questa struttura acustica agisce un violoncello dal vivo, come un respiro, un respiro costante, sostanzialmente mono ritmico, come un canto antico, senza parole e quasi senza note, lavorando per armonici… un respiro che continua… nonostante il tutto.

Andrea Liberovici

DIALOGO SUCCESSIVO
Omaggio a Luigi Nono
per violoncello e elettroacustica
musica di Andrea Liberovici

Liberovici: «La musica di Nono, un dialogo con il futuro»

ELEN NIEDDU
06 Ottobre 2018
Il Secolo XIX

In un mondo che ha un disperato bisogno di regole, una norma è sempre vera: i grandi artisti, in ogni campo, sono quelli che creano, spinti da una reale necessità di comunicare pensieri, stati d’animo brevi lampi di rivelazione. Il compositore Luigi Nono è uno di questi. «È l’ultimo grande maestro» dice Andrea Liberovici, autore di “Studio/omaggio per un ‘dialogo successivo’ ”, in scena stasera alle 21 a Venezia, all’Archivio Luigi Nono nell’ex convento SS. Cosma e Damiano. Il lavoro di Liberovici è tra gli eventi conclusivi del Festival Luigi Nono alla Giudecca ed è un omaggio, potremmo dire diacronico, a uno degli autori più profondi, coraggiosi e lungimiranti della nostra epoca.

Liberovici, come nasce il suo lavoro?
«Devo prima di tutto dire grazie a Nuria Schönberg Nono e a Serena Nono, moglie e glia del compositore. Sono state loro a fornirmi dei nastri di alcune interviste e diverse incisioni di lavori inediti del loro caro, eseguiti da un violoncellista. È stato questo l’innesco. Cercando nei miei materiali, ho trovato poi delle mie vecchie registrazioni, anche queste con un violoncellista, in cui ho individuato analogie o contrasti netti con il materiale di Nono. Nel dialogo fra le due memorie ho poi inserito dei frammenti delle interviste, in cui Nono dice cose molto attuali, e un terzo violoncello, quello del giovane talento Pietro Silvestri, che suona dal vivo. Il tutto dura una ventina di minuti».

Qual è il significato di questo studio?
«In questo momento storico, siamo saturi di comunicazione e di linguaggio, soprattutto perché viviamo nella società dello spettacolo, in cui tutto è show, perno la politica. Siamo stati derubati della musica, perché oggigiorno il lavoro sul suono è privo di necessità, unicamente mirato a creare degli effetti seducenti, piuttosto che un dialogo reale con le persone. Per questo motivo, ho lavorato sulla saturazione sonora e, per contro, sul violoncello usato come un respiro, quasi primordiale, gregoriano. Ho lavorato sugli armonici, su gure mono ritmiche, per riscoprire quel lo rosso lontano dell’umanità, che sotto le macerie continua a vivere. Per visualizzare questa idea, pensiamo agli oceani ricoperti dalla plastica: è vero, in supercie galleggia molta spazzatura, ma sotto la vita continua ad esserci».

L’idea del respiro arriva dall’Oriente, dalla meditazione?
«No, non c’è un riferimento mistico. Piuttosto, in quel momento del concerto il violoncello è l’unico oggetto vivo. Mentre ciò che è registrato è ssato, il violoncello può suonare ogni sera in mille modi differenti. La musica è una crasi tra passato, presente e futuro, anche perché riscrive il nostro senso del tempo, ci fa uscire dal nostro tempo biologico che è destinato a nire».

La musica di Nono è spesso definita difficile e subisce, in un momento storico in cui piace la “classica da bere”, una sorta di ostracismo. Perché, invece, bisognerebbe ascoltarla?
«Nono aveva un pensiero extraterritoriale rispetto alla musica che considerava un veicolo per fare emergere la necessità di comunicare con gli altri, innescando la dialettica con il mondo. La causa, qui è molto più importante dell’effetto, esattamente il contrario di quanto avviene oggi. Extraterritoriale era anche, ad esempio, Johann Sebastian Bach, che usava la musica per parlare di Dio: vuol dire avere qualcosa di più importante da comunicare agli altri, ancor più importante della musica stessa. Tutti i classici del passato sono necessari, siano essi quadri, romanzi o musica, creano una relazione con gli altri: a volte scomoda, a volte poco gradita, ma sempre importante. Prendiamo il suo “Contrappunto dialettico alla mente”, del 1968, che ho ascoltato in occasione del Festival: non è per niente datato, anzi, sembra scritto nel futuro».

Cosa si potrebbe fare per portare quelle note a più persone?
«Dobbiamo avere fiducia. Le cose di grande valore, a volte, in certi momenti storici, possono essere dimenticate. Ma quando instaurano una profonda relazione con l’umano, come in questo caso, tornano prima o poi a emergere».