Post n°4 – Teatro o parcheggio?

…dialogo fra un Generale e un ragazzino chiamato Bolla su un fatiscente palcoscenico teatrale trasformato in un parcheggio. Due personaggi assistiti da un’unica ombra.

Da : Operetta in nero Teatro Stabile di Genova 2011

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G: Una sera.. ero solo… senza scorta… in un vecchio hotel dove andavo ogni tanto a riposarmi… in “incognito”, come si diceva. Non riuscivo a dormire e sono sceso nella hall. Fuori c’era un’ambulanza e stavano caricando un uomo anziano con una barella. Ho tirato dritto, mi sono fatto gli affari miei. Il giorno dopo, qualcuno mi ha detto che l’uomo anziano era il portiere di notte… un tipo solitario, come me, che incontravo tutte le notti e con cui, ogni tanto mi fermavo a fare due parole. Ricoverato d’urgenza per un ictus.

Passa del tempo, non so, due settimane, pensavo fosse morto e me lo ritrovo davanti a un supermercato. Immobile, sotto la pioggia, davanti alle porte scorrevoli con la gente che l’urtava bestemmiando per l’intralcio, che lo spingeva… lì fermo… bagnato fradicio, senza il coraggio d’entrare… totalmente perduto stringendo però in modo fiero… come una sfida verso il cielo… qualcosa… nel pugno… lì, in alto, davanti a sé, come un trofeo. Senza pensarci un attimo gli ho chiesto: come stai?

Lui non mi ha riconosciuto ma lentamente si è voltato e mi ha guardato negli occhi. Occhi chiari venati di grigio… mi ha preso la mano e mi ha consegnato ciò che stringeva nel pugno: un foglietto segnato a matita, un’ incomprensibile lista della spesa e dei soldi.

Così, come se per me fosse la cosa più naturale del mondo, sono entrato nel market e ho cominciato a decifrare quei geroglifici e a riempire il carrello. Mi sono messo in coda per pagare e ho aggiunto pure la differenza. Sono uscito, l’ho accompagnato a casa, gli ho aperto la porta, ho messo la roba in frigo e gli ho cucinato due uova. Sempre in silenzio, ho cominciato un’improbabile danza fra la padella e la sua bocca per imboccarlo, con delicatezza, cercando di farlo sorridere, come un clown, e nello stesso tempo facendo attenzione che non cadesse tutto sul suo maglioncino pieno di macchie. (Pausa) Gli ho pulito il mento. Ho fatto scorrere l’acqua, l’ho fatto bere. È stato un attimo, ma i suoi occhi si sono, in quell’attimo, di nuovo riempiti di sguardo e… mi hanno detto grazie. (Pausa) Felice sai?… Ero felice… Per la prima volta nella mia vita… un’assoluta felicità… incontaminata… pura… finalmente libero da me, dalla feroce difesa della mia identità … Io, Io, Io… una felicità senza peso… in perfetta armonia… da ragazzini. Mai più successo. (Pausa) A me?! Per quella cazzata?

Ci ho ragionato sai? Nel corso degli anni. No, non era stata una “buona azione”… pietas… no. È  che per una piccola porzione del mio tempo, lì con quel vecchio era cambiato il mio punto di vista. Per qualche minuto non avevo più guardato verso l’alto. Non avevo più guardato verso il basso. Avevo guardato semplicemente al centro. Ad altezza uomo. (Pausa) L’unica ideologia possibile era l’essere umano… e ce la siamo bruciata.

Bolla si avvicina al Generale, lo guarda negli occhi e goffamente gli si butta addosso e lo abbraccia. Il Generale rimane immobile, guardando fisso davanti a sé.

G: Puzzi.

da: Operetta in nero di Andrea Liberovici © 2011

Teatro Stabile di Genova

con

Helga Davis

Federico Vanni

Vito Saccinto

Musica/Testo/Regia/Video

Andrea Liberovici

collaborazione al testo Luca Ragagnin

ombre in movimento “Controluce“

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